Andrea Buzzichelli

L’ amore per la natura la considero una cosa normale come è normale che ogni mio lavoro fotografico vada, anche involontariamente, in quella direzione. Per lavoro fotografo persone per amore fotografo alberi”

Angelo Zzaven: Andrea, è da parecchio tempo che pensavo a una chiacchierata tra di noi, mi ha sempre incuriosito la tua fotografia, ma anche la tua vita, il tuo andare avanti senza prenderti, troppo, sul serio, eppure producendo dei lavori che seri lo sono. Voglio approfittare di questa occasione per conoscerti meglio. Cosa fai nella vita? Come avviene il tuo incontro con la fotografia?

Andrea Buzzichelli: Ciao Angelo scusa se ti ho fatto aspettare ma sei capitato nell'ennesimo momento di riadattamento alla vita e mi prende sempre un sacco di tempo ! Ahahaha... scherzi a parte, dopo il covid mi sono dovuto reinventare per l' ennesima volta. Questo naturalmente implica momenti incasinati nei quali spesso si tralascia le cose che ci piace fare. Nel mio caso la fotografia. Ormai non produco più un mio progetto non so da quanto ma questo non mi interessa. Quando non si ha niente da dire è meglio tacere .

Ma tornando a ciò che mi chiedi, mi sono avvicinato negli anni '90 grazie ad un amico che aveva messo su una camera oscura. Ai tempi eravamo diciottenni un po’ annoiati e fare un'uscita con le macchine fotografiche o passare una serata in camera oscura era una scusa per stare insieme. Di quei tempi sinceramente rimpiango tantissimo non averci messo la testa più seriamente. La generazione prima di noi si era devastata con l'eroina e noi ci siamo salvati per un soffio, mi sono sempre sentito parte di una generazione di mezzo che avrebbe dovuto essere raccontata! Se solo avessi avuto la fortuna di incontrare qualcuno che mi spiegava la fotografia come linguaggio. Oggi, a chi si avvicina a qualche raro corso che tengo, è la prima cosa che cerco di trasmettere.

Dopo una pausa di diversi anni mi sono riavvicinato alla fotografia grazie al digitale. Mi divertiva la praticità e l’immediatezza del digitale, la consideravo una cosa meravigliosa e davvero alla portata di tutti. Dopo qualche anno di pratica ormai saturo di immagini che non mi soddisfacevano più sono tornato all’analogico. Da qui l’amore per le vecchie fotocamere che al tempo tutti stavano svendendo a prezzi ridicoli. Su eBay ne compravo una media di un paio al mese e le testavo in giro.

Sono arrivato a collezionare oltre 250 macchine, nessuna di gran valore. Mi divertiva farle rivivere scoprirne il carattere dalle Lomo alle Holga fin poi alle vecchie Hasselblad. Conoscere la resa di queste macchine mi è tornato poi utile quando ho costruito dei miei progetti. I miei primi progetti più seri sono nati con il collettivo Synapsee che ho fondato insieme a bravissimi fotografi, molto più bravi di me! e che durante il nostro cammino insieme mi hanno dato davvero tanto. In realtà pochi lo sanno ma sono un fotografo professionista, per molti anni ho lavorato nella moda anche grazie a mia moglie che era già nel settore. Dopo il covid è seguita una grande crisi, tutt'ora in corso, e mi sono spostato in altri settori. Da sempre tengo separato il mio lavoro da fotografo dai miei lavori autoriali. Sono due mondi completamente diversi dove nel primo interpreto le esigenze del cliente e nel secondo soddisfo i miei bisogni.

Andrea Buzzichelli - Inhabitants 

Angelo Zzaven: Come ci si reinventa nella vita? È un fatto mentale, consapevolezza di nuove convinzioni e nuove necessità? La fotografia c'entra?

Andrea Buzzichelli: Siamo stati costretti a reinventarci visto che dopo la pandemia, io come fotografo e mia moglie come stilista (due partite iva!), siamo passati d’un colpo a zero fatturato, con nessuna prospettiva di ripresa. Abbiamo quindi deciso di lasciare la nostra bella casa in campagna trasformandola in un airbnb e tornare in affitto in paese. Adesso ci prendiamo cura dei nostri due appartamenti che affittiamo e io continuo a fare qualche servizio fotografico. All’inizio è stata dura piegarsi alla vita di città, per me lo è tutt’ora. Ero abituato a svegliarmi la mattina con le rondini che mi entravano dalla finestra e i caprioli in giardino. Con due figli adolescenti anche le esigenze erano comunque cambiate e la pandemia ha solo accelerato un processo che avremmo comunque dovuto affrontare. Da quando sono qua non ho più voglia di fotografare, ho preso consapevolezza che questo non è proprio il mio ambiente… allora mi sono inventato l’Elsa Workshop. Stavamo appena uscendo dalla pandemia sentivo che la gente aveva bisogno come me di tornare a vivere, di stare insieme e condividere un qualcosa quindi cosa c’è di meglio della fotografia come terapia? Una piccola rinascita post lockdown per me e per i partecipanti. Non mi interessava la fotografia in senso lato ma quello che poteva darci. Così è stato. Alla fine, la Fotografia va interpretata in modo semplice e sincero, libero. In poco tempo si è creato un gruppo fantastico, molto eterogeneo sia come età sia come esperienza fotografica che andava da zero ad autore già affermato anche internazionalmente. Ho lasciato che i partecipanti agissero in completa libertà nel vedere, nel sentire. Personalmente intendo la fotografia come una terapia e quindi rigenerante specialmente dopo quel brutto periodo che abbiamo passato costretti ad una resilienza estrema e ad uno stress continuo durante il quale ci siamo privati di ogni contatto umano se non quello della famiglia. Nuove fasi della vita e nuovi bisogni possono richiedere una nuova impostazione mentale e la fotografia può certamente aiutare a trovare una nuova via anche attraverso la meditazione e, in questo caso, con il confronto serrato con gli altri partecipanti. Lo scopo principale di questa esperienza è stato quello di tornare a casa con delle riflessioni nuove e nuove visioni. È stata un’esperienza meravigliosa. qualcosa in più puoi leggerla qua

  https://urbanautica.com/review/elsa-a-photographic-survey-along-a-river/2999 

o cercando @elsaworkshops su instagram. Questo anno si è conclusa la seconda edizione dove ho chiesto all’antropologa e fotografa Elisa Dainelli di affiancarmi nel tutoraggio. Nel frattempo è partito il terzo workshop con la collaborazione del fotografo Stefano Parrini, la fotografa Rebecca Szabo e Elisa Dainelli. Elsa WS è concepito con un grande spirito di condivisione. Cerchiamo di sedare l’ego del singolo magari a favore di un’esperienza più collettiva. La fotografia è prima di tutto condivisione, e questo mi piace trasmettere.

Andrea Buzzichelli - Inhabitants

Angelo Zzaven: Hai accennato all'esperienza Synapsee, credo molto importante nel tuo cammino autoriale. Mi parli di come nasce questo collettivo, delle dinamiche che l'hanno tenuto in vita e dei possibili obiettivi futuri?

Andrea Buzzichelli: Il collettivo nasce grazie a tutti i fotofestival e mostre in giro per l’Italia che eravamo soliti frequentare. Il più assiduo era ed è! Stefano Parrini da sempre un mio grande amico e compagno di fotografia. Stefano propose a me e altri fotografi provenienti un po' da tutta Italia di riunirsi in un collettivo. Questa cosa sapeva molto di anni settanta, ci piacque molto l’idea e così facemmo. Il collettivo Synap(see) adesso è composto da me Paola Fiorini, Antonella Monzoni, Stefano Parrini e Giovanni Presutti. In passato altri autori hanno “militato” nel gruppo ad esempio: Francesco Comello, Emanuela De Luca, Simone Mizzotti, Sara Munari, Graziano Panfili… spero di non aver dimenticato nessuno. Dal 2014 il collettivo ha scelto di farsi accompagnare nelle proprie attività dal bravissimo curatore italo-belga Steve Bisson. Ci siamo sempre distinti per un deciso impegno per lo studio di conflitti territoriali, e per una forte capacità di iniziativa e di divulgazione indipendente. Nel 2018 sotto la guida professionale e attenta di Steve Bisson, abbiamo presentato presso la Fondazione Benetton Studi e Ricerche di Treviso la mostra antologica 'Un triennio di investigazione tra ambiente e fotografia', che ha raccolto gli esiti di un ciclo progettuale di indagini fotografiche ambientali iniziato nel 2015, e che ha interessato uno spaccato significativo dell'Italia, passando per oltre 9 Regioni (dal Veneto, alla Campania, dall'Abruzzo alla Lombardia), 30 casi studio e decine di incontri pubblici. La nostra ultima installazione fotografica si è conclusa ad aprile 2023 presso il centro per l’ arte contemporanea Luigi Pecci a Prato. La mia esperienza all’ interno del collettivo è stata fondamentale. Nel collettivo avevamo riunito tutti fotografi ed artisti che andavano oltre la visione classica della fotografia e più verso una visione contemporanea della stessa. Non ci siamo mai posti o imposti limiti e siamo sempre stati liberi di interpretare i nostri lavori con grande autenticità. Al momento il collettivo è in pausa di riflessione abbiamo deciso che torneremo a produrre qualcosa solo se davvero saremo supportati e motivati nel farlo. Qua il nostro sito con 10 anni di lavori: 

http://www.synapsee.it

Caro Angelo, è davvero un piacere partecipare alla tua intervista, come ho fatto in passato seguendo e partecipando ad altre tue iniziative. Ci vuole una grande passione ed una grande energia per portare avanti le cose belle e tu ne hai sempre dimostrata da vendere. Seppure questi tempi non mi appartengano del tutto sono le persone come te che mi danno la forza di restare attaccato a quella che è la mia storia di fotografo. Ti confesso che in passato più e più volte ho pensato di abbandonare e, quel che mi doleva, è che lo avrei fatto con rabbia e rancore. Oggi ho acquisito un’altra consapevolezza. E’ vero, ho smesso di fare progetti fotografici da ormai molto tempo ma sono sereno e aspetto che mi si presenti un’occasione per produrre ancora qualcosa. Qualcosa che prima di tutto sia veramente mio e che senta profondamente altrimenti non ne varrà la pena.

Andrea Buzzichelli - Inhabitants

Angelo Zzaven: … mi attribuisci energie che in realtà non penso di avere ma ti ringrazio. Accanto al tuo grande interesse per la fotografia, vi è quello per l'ambiente, anzi spesso le problematiche ambientali ti hanno portato a realizzare splendidi progetti fotografici. Ti chiedo che cosa faresti partendo dalla fotografia per sensibilizzare la gente su questo argomento?

Andrea Buzzichelli: La nostra vera Madre è la natura. Ho avuto la fortuna di crescere in un piccolo paese vicino alla campagna. Ho visto vivere mio babbo piccolo industriale degli anni 70/80 sempre lontano dalla famiglia e non ho neanche avuto il modo e tempo di dirgli quanto gli volessi bene che se ne era già andato. Nel 90 ho avuto la possibilità di avere un buon lavoro a Milano dove già andavo ogni fine settimana a trovare la mia ragazza e attuale moglie. Non faceva per me. Non potevo lasciare la mia campagna il mio fiume… i miei boschi e sono rimasto qua, Barbara mi ha raggiunto in Toscana.

L’ amore per la natura la considero una cosa normale come è normale che ogni mio lavoro fotografico vada, anche involontariamente, in quella direzione. Per lavoro fotografo persone per amore fotografo alberi. Tu mi chiedi come può la fotografia sensibilizzare le persone verso questo argomento. Ti spiego allora cosa è successo con l’Elsaworkshop che ho ideato 4 anni fa e che oggi è alla terza edizione. Elsa workshop nasce come un’esigenza che sentivo forte, portare più gente possibile sul nostro fiume e fare in modo che si lasciasse rigenerare da natura e fotografia. Eravamo in periodo covid e avevamo già passato un lockdown. A partire da maggio 2021, abbiamo iniziato a raccontare questo corso d’acqua in tutti i suoi aspetti, a costituire un archivio che non fosse solo una documentazione storica ma una testimonianza di e per tutti coloro che avessero avuto la possibilità di riflettere sul suo valore. Con l’associazione “Il Giardino dei colori” abbiamo coinvolto altri bravi fotografi che potessero darci una mano. Ci siamo cimentati in un vero e proprio laboratorio nel quale il nostro tutoraggio ha permesso che i corsisti potessero imparare a strutturare, costruire e pensare un racconto per immagini, in cui la fotografia fosse un mezzo espressivo libero e spontaneo. Progetto non facile, se si pensa quanto peso abbia la tecnica in questa arte e quanto spesso i tecnicismi diventino un ostacolo alla libertà espressiva. Abbiamo scoperto insieme che la fotografia non è un solo linguaggio ma molti, che il fiume che andavamo ad osservare era declinabile in migliaia di narrazioni e punti di vista, che i territori da indagare erano anch’essi infiniti. La ricchezza della molteplicità è stata il centro da cui ha avuto origine tutto il percorso: da una prima fase di progettazione, in cui ciascun corsista ha potuto sviluppare la propria idea, sono seguite le altre fasi di costruzione del portfolio, tramite la produzione delle immagini e l’editing fino alla mostra finale. Credo si sia riusciti a lasciare in ogni partecipante una gran voglia di vivere i rapporti umani attraverso la condivisione e la fotografia. Di tutto questo sono davvero fiero.

Spero un giorno di riuscire a pubblicare un libro che raccolga i lavoro di questi ragazzi e ragazze che hanno messo davvero il cuore in quello che facevano… ma lo sai trovare un finanziamento è davvero difficile.

Angelo Zzaven: Progetto molto interessante, complimenti! Mi racconti qualche aneddoto curioso legato a questa manifestazione di tua ideazione?

Andrea Buzzichelli: Nessun aneddoto particolare se non qualche bagno involontario… ahahah No davvero più che altro si è creato sempre un bel gruppo che ha legato tanto tra di loro e quindi non solo fotografia ma tanti aperitivi cene e convivialità … e poi tanto lavoro perché gli insegniamo a gestirsi ed allestirsi le mostre finali ed è forse una delle parti più interessanti di tutto il workshop.

Andrea Buzzichelli - Inhabitants

Angelo Zzaven: Andrea, già nella prima fase del progetto #leimmaginicheamo ti ho manifestato il mio interesse per il tuo lavoro “Inhabitants”. In questa occasione vorrei che me ne parlassi più dettagliatamente, come nasce, qual è il concetto che lo sorregge e quali sono oggi le tue riflessioni/sensazioni a distanza di qualche anno?

Andrea Buzzichelli: Domandone difficile che presupporrebbe decine di pagine di risposta. Mi imporrò di essere breve ma nel finale ti lascio un link ad un’intervista del mio curatore Steve Bisson che è la sintesi perfetta di tutto il lavoro. Inhabitants è stato sicuramente il mio progetto più apprezzato pubblicato pure sul National Geographic che creò al tempo abbastanza scalpore visto che non erano certo le classiche foto naturalistiche ma qualcosa di assolutamente nuovo per una rivista del genere. Inhabithants nasce dal progetto annuale del collettivo fotografico Synapsee che nell' anno 2015 ha deciso di investigare e approfondire l' argomento "parchi nazionali italiani " Nel mio specifico caso ho affrontato il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Durante il lavoro, durato pressappoco un anno, rimasi affascinato dalle immagini realizzate da ricercatori e dal corpo forestale dello stato con delle "fototrappole" apparecchi capaci di attivarsi tramite un sensore al passaggio dell'animale.

Mi si è svelato un mondo che altrimenti non sarei mai stato capace di vedere. Ancora una volta si conferma la potenza e l' importanza dell'immagine sia come conoscenza che come “innesco” per l' intelletto, per la nostra immaginazione”. La psiche e l' anima si nutrono di immagini e l' immagine produce conoscenza. In questo caso un aiuto concreto verso lo studio di animali che vivono in libertà e sempre più minacciati dall'uomo, costretti in riserve delimitate da confini. Più volte mi sono chiesto perché sono stato attratto da queste immagini e mi sono dato qualche semplice risposta: Perché non hanno tempo. Gli animali ripresi in natura non hanno riferimenti temporali. Queste immagini non possono essere storicizzate e questa cosa è per me affascinante… non dare un tempo, privarle di riferimenti, esse non parlano più di ciò che si vede bensì di ciò che si sente.
Per una semplice questione estetica che trova le sue origini nelle fantastiche fotografie realizzate già nel 1890 dal fotografo ricercatore George Shiras e che nel 1900 a Parigi fu riconosciuta come High Art. Infine per una mia sorta di fascino di tipo “voyeuristico” verso la natura stessa… un senso di potenza intrusiva in un mondo che non ci sarebbe altrimenti svelato.

A distanza di qualche anno rivedo questo progetto e ne resto ancora affascinato. In verità è anche il mio ultimo progetto che in questi anni mi ha bloccato e non riesco più a pubblicare niente altro. Mi sono reso conto che non vorrei mai più rifare un progetto importante e non avere la forza di sostenerlo come è successo per Inhabitants. Al tempo i miei sforzi per promuoverlo sono stati minimi … o perlomeno sono stati quelli che mi potevo permettere anche finanziariamente e purtroppo al netto di tutta la poesia e di tutto il romanticismo il mondo dell’arte è spietato e, o ci sei dentro e ci investi o resti ai margini. Una realtà che, per chi come me “vive ai bordi” ci si può immaginare ma quando poi la vivi fa male. Questo il link all’ intervista di Steve Bisson

https://www.instagram.com/reel/Cx-9aPZiRQB/

Angelo Zzaven: Il tuo, un approccio alla fotografia personalissimo, magari, come dici, vissuto marginalmente, ma spesso con grande visione e originalità. Quali “dritte” daresti a un giovane che vuole impegnarsi in questo campo?

Andrea Buzzichelli: Sinceramente non ho “dritte” e non amo generalizzare su una questione che, secondo me, riguarda i singoli individui. Di solito mi permetto di consigliare qualcuno solo dopo averlo conosciuto e aver capito le sue tendenze e aspirazioni. L’unica cosa che mi sento di dire, a chi vuole davvero entrare in questo mondo, è essere sempre sincero nei propri lavori che solo così acquisteranno forza e valore nel tempo e magari anche dei riconoscimenti. Per me non esistono i grandi, sommi, insuperabili “maestri” e ognuno di noi ha in sé grandi potenzialità che deve solo trovare il modo di coltivarle e farle crescere. La fotografia è un’arte straordinaria che ognuno dovrebbe interpretare a modo suo.

Andrea Buzzichelli - Inhabitants

Angelo Zzaven: Hai accennato al discorso di vivere un momento di blocco e di non riuscire a pubblicare altro; ecco, credo capiti a tutti, questi periodi più o meno lunghi sono inevitabili e allo stesso tempo credo necessari in quanto sottopongono ad una profonda riflessione/valutazione quello che si è fatto... perdonami, ma sai, parlarne a volte permette di vedere meglio, ti invito a proiettarti nel futuro; come immagini la tua fotografia nel prossimo decennio?

Andrea Buzzichelli: E’ una domanda che mi sono fatto anche io. Certamente i momenti di pausa capitano a tutti e mi erano già capitati in passato ma questa è, per me, più una ricerca di una soluzione finale. Ho un archivio importante al quale tengo davvero tanto. Sono fotografie che riassumono 25 anni di vita e ricordi. Spesso mi chiedo ciò che resta di esse, cosa resta dopo la loro assimilazione bulimica da parte mia e di un pubblico che le ha avute in pasto. Ciò che rimane è davvero poco, ciò che mi rimane non gli rende nessun merito. Alla fine, mi resta qualche persona che stimo e reputo speciale e che mi segue da tanto (come te) o qualche pubblicazione digerita velocemente.

Allora mi sono detto che era il momento di rallentare, fare un passo indietro, di cercare di mettere ordine nella mia caotica “la stanza delle immagini”. Perché continuare a produrre un’eccedenza di fotografie che poi abbandono in cartelle sperdute in desktop e hd? Il mio tempo inizia ad avere un gran valore e non voglio più perderlo davanti ad uno schermo. Adesso quando mi siedo davanti al computer preferisco investire il mio tempo a fare pulizia. Avrei un unico grande progetto forse irrealizzabile. Una pubblicazione gigante di tutto il mio archivio con un ordine solo cronologico. Nessuna poesia estetica ma il grezzo del mio lavoro di anni, buttato lì su carta. Sarebbero chiari gli alti e bassi della mia fotografia e della mia vita. Sarebbe la mia storia ma anche quella di milioni di archivi e vite che vivono la mia stessa situazione. Resto con questo mio sogno e intanto scatto il minimo indispensabile.

Angelo Zzaven: Andrea, la nostra breve chiacchierata, sicuramente poco esaustiva, finisce qui, come faccio sempre ti chiedo di rispondere a una domanda che non ti ho fatto e a cui ti avrebbe fatto piacere rispondere. Ti ringrazio per la disponibilità.

Andrea Buzzichelli: Certamente non sarà esaustiva ma sono felice perché farà parte della bellissima serie di interviste che hai portato avanti e che, tutte insieme, danno un gran contributo a chi ha voglia di approfondire questo mondo affascinante della fotografia. Spero solo di non aver detto troppe banalità o cose scontate. La domanda che non mi hai fatto? Beh siccome io amo passare dal virtuale alla “ciccia” direi potrebbe essere questa: Quando ci vediamo per berci un Chianti insieme? Quando vuoi Angelo ti aspetto !!!

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