Alberto Castro

La Fotografia è dunque il mio mezzo principale di riflessione, analisi e sintesi di un pensiero, del mio pensiero. Parto dall’esperienza particolare ed allargo il tema universalizzando le problematiche affrontate dal lavoro fotografico. La somma di questi pensieri, quindi l'insieme dei lavori fotografici prodotti, costituisce il mio Diario di Viaggio in questa Vita terrena

Angelo Zzaven: Alberto, per iniziare vorrei che mi parlassi di te: chi sei, cosa fai, come e quando è entrata la fotografia nella tua vita?

Alberto Castro: Carissimo Angelo, convenzionalmente mi occupo di architettura, in altre parole sviluppo progetti di edifici per poi vederli nascere, crescere ed essere restituiti alle Comunità. E' un processo affascinante, profondamente tangibile. Ogni nuovo edificio rappresenta un segno, una sfida al tempo, una prova del nostro fugace passaggio su questa terra ed ancora oggi mi capita di emozionarmi all’idea di associare il mio lavoro alla nascita di un edificio, seppur cosciente che il processo costruttivo è comunque un'ulteriore manifestazione dell'effimero.

Tutto per me è riconducibile ad un progetto; forse è una deformazione professionale, anche se ne rintraccio segni evidenti sin da ragazzino, ossia nello stesso periodo in cui grazie alla passione di mia madre e di mio nonno iniziavo a muovere i primi passi verso la fotografia... e come scontata conseguenza, con il passare del tempo ho capito quanto per me sia fondamentale applicare la progettazione anche in fotografia. Pian piano ho così perso interesse verso lo spirito bressoniano dell'attimo decisivo (che comunque tanto mi ha insegnato in passato) a favore di un lavoro più lento ed articolato, basato su approfondimenti che spesso racchiudono al loro interno esperienze, pensieri e concetti personali. La fotografia è quindi poco per volta diventata il mio grillo parlante, uno strumento di riflessione personale che consente di confezionare una sintesi per immagini dei miei ragionamenti da veicolare verso l'esterno. Idealmente, mi piacerebbe alla fine dei miei giorni, lasciare a mio figlio una sorta di diario personale per immagini, da cui in qualunque momento aprendolo possa chiedersi "vediamo che cosa ne pensa papà?" Ecco hai visto ci ricasco sempre, anche questo è un Progetto, non trovi?!

"Tagli su cls" - Autore muratore - Tributo a Lucio Fontana
Alberto Castro

Angelo Zzaven: La mente dell'uomo ha bisogno dell'effimero, del fugace, del sogno... ha bisogno del fare anche se c'è la possibilità che quel fare possa risultare inutile. Ecco, ti faccio la domanda che si potrebbe fare tuo figlio tra qualche anno: che cosa ne pensava papà della fotografia nel 2023?

Alberto Castro: In generale ho smesso di domandarmi cosa sia la Fotografia e soprattutto in quale direzione stia procedendo. Credo di aver smesso di chiedermelo dopo aver preso consapevolezza di cosa la Fotografia rappresenti per me. Ho necessità della Fotografia ogni qualvolta sento il bisogno di indagare in profondità la mia Vita che, spesso, non è poi dissimile dalla Vita di tante altre persone. Parto sempre dall'analizzare le mie "esperienze" - ciò che meglio conosco - con tutto ciò che ne deriva, al fine di farmi una mia idea e restituirla fotograficamente verso l'esterno sotto forma di immagini. La Fotografia è dunque il mio mezzo principale di riflessione, analisi e sintesi di un pensiero, del mio pensiero. Parto dall’esperienza particolare ed allargo il tema universalizzando le problematiche affrontate dal lavoro fotografico. La somma di questi pensieri, quindi l'insieme dei lavori fotografici prodotti, costituisce il mio Diario di Viaggio in questa Vita terrena. E' chiaro che la Fotografia in senso lato, nel 2023, è moltissimo altro ed a mio avviso è proprio questa magia che la rende speciale. E’ un’Arte democratica e lascia spazio a tutti di potersi muovere al suo interno, individuando un proprio campo d'esistenza, nel rispetto di quello altrui. Ritengo tuttavia che qualunque Fotografia sia legittima, ma sono attratto solo da quella valida, ossia da quel tipo di Fotografia che risponde sempre ad un "Perché".

Angelo Zzaven: Mi parli della tua ultima pagina del diario che stai scrivendo, del tuo ultimo pensiero che ti accingi a trasfigurare o meglio, c'è un perché a cui stai provando a rispondere?

Alberto Castro. C’è una cosa che non ti ho ancora detto, trovo estremamente difficile trattare un pensiero per volta. Spesso lavoro con due o tre progetti contemporaneamente. Sono consapevole che questo allunga ulteriormente i tempi - già lunghi - della mia produzione fotografica, ma adoro i tempi lenti in cui potersi prendere tutto lo spazio necessario alla riflessione ed agli approfondimenti. Ogni progetto fotografico a cui lavoro si chiude solo quando fotograficamente sento di aver esaurito cosa dire. Grazie a Dio non ho particolari esigenze di rispondere ad una committenza, pertanto anche le scadenze autoimposte (quando ci sono) non sono mai perentorie.

Ti parlavo quindi di tre lavori in fase più o meno avanzata. Tutti partono da una esigenza personale che mi spinge ormai da anni ad una profonda riflessione rispetto al senso della Vita. Tre progetti quindi legati indissolubilmente tra loro da una medesima ricerca legata ad una conscia linea poetica personale, seppur declinati rispetto a tre accezioni tra loro distinte. Il primo lavoro prende spunto dal nome di un Fiume su cui sto lavorando da tanti anni; si tratta del Fiume San Paolo. Prendendo spunto dalla vita del Santo rifletto sui cambiamenti che inevitabilmente ciascuno di noi è chiamato ad affrontare nel corso della propria esistenza. Il secondo invece parla di Radici, dei rapporti con la famiglia, con i ricordi, con la malattia, fino a raggiungere la disgregazione, l’abbandono, la morte. Ancora una volta l’effimero circo della vita terrena, l’interrogativo su cosa sopravvive a noi stessi dopo la morte terrena e la ricerca di un senso ed una domanda aperta sull’aldilà. Il terzo lavoro si occupa dell’effetto del tempo sulle abitazioni (intese come “nido”) sugli oggetti ivi contenuti, attraverso uno studio sul “significato degli oggetti”. Tutti questi lavori, a mio avviso, convivono in un tempo fuori dal tempo, indagano un ambito di passaggio, una transizione tra ciò che era e che significava e ciò che ancora non è, ossia tutto ciò che alberga nella sfera del divenire. Al momento i miei diari ed i miei taccuini sono inondati di queste riflessioni, di questi pensieri che prendono consistenza e poco per volta si trasformano in fotografia.

"Ritratto, grigio su bianco" - Autore muratore - Tributo a Mark Rothko
Alberto Castro

Angelo Zzaven: Parlami un po’ della tua visione, del tuo modo di vedere fotograficamente, parlami del tuo linguaggio visivo e di come esso si sia formato. Quali artisti, non necessariamente del mondo della fotografia, hanno influenzato la tua creatività?

Alberto Castro: Splendida domanda, lieto di questo spunto che mi hai regalato. Visione, linguaggio, stile, poetica… sono tutte componenti che poco per volta iniziano a far parte di chi è disposto ad imboccare il lungo percorso per diventare Autore. Sono tutti ingredienti fondamentali che bisogna imparare a riconoscere e si sviluppano nel tempo attraverso le proprie “Esperienze”, il confronto e tanto lavoro. Al di là dei tentativi giovanili, dei primi racconti o degli esperimenti degli esordi sul colore o sul bianco nero, che ingenuamente forse si prestavano a giochi pirotecnici e concedevano sprazzi di creatività incontrollata con l’unico vero fine di impressionare me stesso, ad un certo momento mi sono finalmente reso conto di quale fosse la fotografia che mi interessava, quali le mie esigenze espressive e soprattutto in quale ambito della fotografia volevo collocarmi.

È stato molto importante il percorso fatto insieme a quattro grandi amici (Daniela D’Arrigo, Emanuele Canino, Alfio Garozzo e Giuseppe Pagano), con i quali per tanti anni ci riunivamo ogni lunedì sera per portare avanti e condividere le nostre grandi scoperte che maturavano in questa direzione. Durante quegli anni ho dato risposta a tante domande così, una volta capita l’importanza della Poesia all’interno della mia Fotografia, individuati i confini della mia ricerca, iniziai concretamente a rendermi conto del percorso svolto ed a realizzare cosa e soprattutto come lo stavo portando avanti. Queste consapevolezze maturano con 3725. A partire da quel momento riconosco i miei lavori precedenti (che inconsciamente erano già sullo stesso binario poetico) e continuo ad esplorare con la consapevolezza di aver intrapreso un percorso autoriale, alimentando i miei studi, i miei desideri e la mia poetica. Da quel momento inizio a riconoscere anche i miei riferimenti, i “miei maestri” e mi sono reso conto di come loro albergavano già nel mio modo di fotografare, probabilmente perché stavano già anche nel mio modo di progettare. Rispondendo quindi all’ultima parte della tua domanda, per me le mie “guide” sono principalmente due la prima è Pablo Gargallo, ossia uno degli scultori del Modernismo Catalano, del quale oltre all’opera finita apprezzo infinitamente il metodo di lavoro, che peraltro per lui rappresenta la vera opera d’arte. Quel processo che a partire dallo studio profondo ed intenso dell’oggetto della sua scultura, lo porta a rappresentarne la sintesi in una serie di forme bidimensionali, ciascuna rappresentativa di una parte dello studio svolto che poi, a loro volta, trasformati in piastrine di bronzo vengono tra loro riassemblate per realizzare la scultura finale richiesta dal committente. La mappa bidimensionale dei pezzi per Gargallo era tuttavia la vera opera d’arte, che veniva custodita gelosamente dall’Artista. Mi sono rispecchiato da sempre in questa metodologia di lavoro, praticamente ci sono cresciuto sin dalle prime esperienze in architettura e riapplicata frequentemente anche in fotografia.

Il secondo grande punto di riferimento, che ha probabilmente influenzato anche il mio linguaggio in fotografia, è senza ombra di dubbio Giorgio Morandi. Egli non rappresentava il visibile, ossia la realtà oggettiva delle cose, ma rendeva visibile ciò che sfugge alla visione, in altre parole dipingeva l’invisibile e dava forma al non raffigurabile. Il vaso o la bottiglia non rappresenta l’oggetto in sé, ma evoca piuttosto la presenza dell’impossibile da rappresentare all’interno del mondo reale. I suoi s-oggetti appaiano senza tempo ed al di là del tempo. Questi concetti, sono decisamente pregnanti nel mio modo di fotografare ed il tema del tempo ricorre ancora una volta ed anche in questo caso come centrale. Certamente gli oggetti del mondo sono destinati a trapassare, a diventare polvere, quelli ritratti da Morandi sono dispensati dall’azione corrosiva del tempo, loro restano eterni nell’essenza… ed è evidente in ogni suo quadro! Questa magia, mi lascia sempre senza fiato!

Intreccio i miei pensieri e le mie fotografie con questa visione e tendo con tutti i miei limiti da fotografo per passione a ritrovare immagini che vivano di queste suggestioni. Fotografie che esistano per un motivo, immagini che possano celare ad uno sguardo più profondo un pizzico di Poesia. Se poi, tutte insieme, riescono a comunicare ed a veicolare un pensiero, una carezza o un abbraccio rassicurante, in quel caso allora io sono felice, ho trovato quello che cercavo, ho dato un senso alla mia ricerca.

"City Map" - Grafite su cartongesso - Autore Imbianchino - Tributo Michel Basquiat
Alberto Castro

Angelo Zzaven: Hai accennato al tuo progetto 3725, me ne parli? come nasce, come si sviluppa? qual è il concetto che sottende questo lavoro?

Alberto Castro: 3725 è il codice identificativo di una commessa di lavoro, ma anche un numero misterioso che consente di entrare in un mondo singolare intriso di fantasia che nel concreto si colloca all’interno di un cantiere edile, oggi Policlinico dell’Università degli studi di Catania in piena attività. A quel tempo iniziai a fotografare il cantiere stimolato dalla curiosità che un luogo in continuo divenire, come di fatto è un cantiere, può generare. Ai miei occhi appariva tutto come un’immensa galleria d’arte moderna. Proprio così, ultimati i doveri e le incombenze professionali, improvvisamente il mio cantiere si trasformava in un museo d’arte contemporanea, dove i dipinti dei grandi pittori erano sostituiti dai disegni improvvisati di muratori e lavoranti, le sculture rappresentate da cumuli di materiali “casualmente” disposti e così via. L’unica grande differenza rispetto ad un museo era ai miei occhi la breve vita delle opere e la durata della mostra… nulla di permanente, tutto si trasformava in tempi rapidissimi, regalando involontari omaggi artistici all’intero palcoscenico dell’arte contemporanea sotto forma di un continuo omaggio e tributo! Una celebrazione temporanea, destinata a trasformarsi ed a lasciare posto ad altro, una ricerca di dettagli silenti, tracce ed indizi che, una volta riconosciuti nelle lunghe giornate di cantiere, si trasformavano in “occasioni irrinunciabili di bellezza”.

In quel cantiere mi sono trovato immerso nell’espressionismo astratto americano, investito dalla tradizione dell’Arte segnica italiana, catapultato nel mondo di Basquiat, passando per i tagli di Fontana, lungo i Cretti di Burri, fino al dadaismo ed il cubismo. Insomma una trasposizione verso un tripudio d’arte effimera, piuttosto estemporanea, ma senza dubbio riconosciuta e proposta come tale da 3725, che immagina di trasformarsi nel catalogo di quell’esposizione temporanea presente in un luogo che effimero è per eccellenza.

Angelo Zzaven: Tre immagini di questo lavoro fanno parte del libro #leimmaginicheamo, infatti già allora, nella prima fase del progetto mi avevano colpito. Oggi, dopo la tua bella spiegazione, mi affascinano ancora di più... Ti capita ancora, magari in altri campi, di trovare omaggi artistici abbandonati da maestranze non proprio inclini all'arte?

Alberto Castro: Il tuo #leimmaginicheamo, di cui sono fiero di far parte, è stata una delle pochissime parentesi felici in periodo di pandemia e per questo motivo, caro Angelo, non finirò mai di ringraziarti. In effetti una parte di quel lavoro di cui esiste un omonimo libro sono successivamente state inserite nel tuo libro #leimmagiicheamo. 3725 riporta una serie di fotografie, frutto di una rigorosa selezione tra molte più immagini. Da quella esperienza in un così vasto cantiere mi è rimasta una particolare attenzione verso i dettagli, specie quelli che richiamano opere d’arte contemporanea (per lo meno quelle a me note). Le ritrovo con frequenza, in ogni ambito ed anche quando non ho la macchina fotografia al collo. Da questa continua involontaria ricerca, ho avuto modo di appurare che la Natura è uno degli artisti contemporanei più in voga, capace di tratteggiare versi di meravigliosa Poesia in ogni dove. Ritrovo “Arte” in grande quantità nel paesaggio, ma l’ho ritrovata nei borghi abbandonati di “Era Domani”, nel “Fiume San Paolo” e persino negli album di famiglia. Potrebbe essere quasi una missione, ossia salvare queste opere spontanee scovati in giro e destinati alla prematura sparizione, attraverso una fotografia.

"Bottiglia di plastica su sabbia" - Autore sconosciuto - Tributo a Giorgio Morandi
Alberto Castro

Angelo Zzaven: Una domanda un po’ diversa, che cosa muove i tuoi interessi? per chi o per cosa faresti la qualunque? Che cosa conta di più nella tua vita?

Alberto Castro: Caro Angelo, queste ultime domande mi spiazzano, non mi aspettavo di entrare in quest’ambito, ma provo a rispondere con piacere, così come viene. Sono convinto che i campi d’interesse di ogni essere umano, quindi anche tutto ciò che nel corso della sua vita andrà ad approfondire ed a coltivare, sono strettamente legati alle esperienze vissute nel periodo dell’adolescenza. Quegli anni lasciano una sorta d’imprinting in ogni essere umano… Per quanto mi riguarda, sono stato molto fortunato, con alle spalle due genitori straordinari ed una solida famiglia. In quegli anni della mia vita studio, sport, affetti, amicizia, fede e famiglia sono stati il mio pane quotidiano. Questi contesti mi hanno donato esperienze, amicizie e compagni di viaggio fondamentali con i quali ho condiviso un senso profondo del vivere, sperimentata la meraviglia della sana competizione ed i valori dello sport.

Lo spirito di squadra lo riverso in ogni cosa che faccio ancora oggi, si tratti di lavoro o di fotografia, io indosso sempre una maglia ed il mio numero è sempre lo stesso. Rispetto della libertà altrui, il merito, la lealtà e la correttezza sono per me da sempre principi e valori in cui credo, assolutamente irrinunciabili. Una vita incentrata nella coerenza ai miei principi, la certezza di voler dare sempre il massimo in tutto quello che faccio, senza mollare mai fino all’ultimo punto in palio, mi ha insegnato a saper distinguere cosa conta di più nella mia vita, fermo restando che la Fede e l’infinito amore verso mio figlio e mia moglie restano le mie certezze su cui tutto si fonda. Questo è in estrema sintesi, probabilmente descritto in modo superficiale, la mia visione della vita… Non sono sicuro di aver risposto, ma quanto meno ci ho provato!

"Vernici arancione e marrone su cartongesso" - Autore imbianchino - Tributo a Jackson Pollock
Alberto Castro

Angelo Zzaven: Allargando il concetto, al di là del discorso politico e religioso, riscontri questi stessi principi: rispetto della libertà altrui, merito, lealtà e correttezza, nella nostra società? Qual è il tuo grado di soddisfazione nella vita di tutti i giorni? Ti senti un giocatore della squadra Italia?

Alberto Castro: Credo che la squadra per cui continuo a vivere le esperienze che la vita mi offre ogni giorno, si chiami “coerenza”. Non so più quale grado di fiducia io riponga oggi nel Paese Italia e soprattutto negli italiani, ho smesso di preoccuparmene; per lo meno non lo faccio più con la stessa passione ed intensità dei miei anni giovanili. Come detto però credo nei miei principi e valori, vivo rimanendo fedele e coerente a quelli. So che in questo modo resto sempre nel cammino che ho scelto di percorrere. Negli anni ho capito che il merito alla lunga paga sempre, nessuna scorciatoia, obbiettivi chiari e massima concentrazione per raggiungerli… mettere sempre in campo il meglio che puoi, quello basta e gratifica sempre, a prescindere dal risultato! Voglio essere sempre in pace con me stesso, sapendo di aver dato il meglio. Se tutti gli italiani viaggiassero in questa direzione, sempre e senza compromessi, avremmo un’Italia meravigliosa. Il Paese ha tanta strada da percorrere, ma sono fiducioso nelle nuove generazioni, mi sembra di percepire un cambio di tendenza… spero di non sbagliarmi!

Angelo Zzaven: Caro Alberto, siamo giunti alla fine della nostra chiacchierata... mi rispondi a una domanda che non ti ho fatto? Ti ringrazio per la pazienza e la disponibilità, un abbraccio.

Alberto Castro: Carissimo Angelo, sono io che ringrazio te per l’opportunità che mi hai regalato. E’ sempre stimolante lo scambio di idee e di esperienze ed è in quest’ottica che trovo la tua iniziativa estremamente positiva.

La domanda che non mi hai fatto è la seguente. Per chi come me non fa della Fotografia una professione, pur rimanendo un’ irrinunciabile grande passione, quali sono i rimedi più significativi per riuscire a rimanere focalizzati sui propri lavori ed i propri obbiettivi?

Credo che l’unica risposta possibile sia da ricercare nella ricerca della costanza. Non è facile, ma serve assolutamente dedicare alla Fotografia parte del proprio tempo ogni giorno. Bisogna essere perseveranti e rimanere costanti.


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