Alfio Garozzo

Chi vuole affrontare questa attività, come qualsiasi attività caratterizzata da forte specializzazione, deve saper puntare in alto, anzi quanto più in alto possibile, senza mai peccare di presunzione, naturalmente. Serve sperimentare, studiare tanto senza necessariamente frequentare corsi di fotografia. Sperimentare significa mettersi a disposizione del proprio progetto, svilupparlo, organizzarlo, analizzarlo, proporlo. Fondamentale rimane riuscire a individuare platee a cui il nostro progetto e la nostra professionalità può essere destinata”

Angelo Zzaven: Alfio, sebbene ci conosciamo da una vita e abbia seguito, più o meno, la tua carriera fotografica, mi rendo conto che ci sono molte cose che non conosco di te. Mi piacerebbe che iniziassimo questa nostra chiacchierata, chiedendoti di parlare della tua storia. Chi sei, cosa fai, come hai scoperto la fotografia (ormai tanti anni fa) e com'è diventata la tua professione?

Alfio Garozzo: Mi guardo indietro e mi dico che questa professione non nasce per caso ma è per puro caso che mi avvicino alla fotografia. Metà degli anni ottanta ero nel pieno della carusanza e il “ne arte ne parte” mi calzava a pennello. mi piaceva lavorare e qualsiasi attività remunerata andava bene. Pero, la domanda "cosa farò da grande” faceva da sottofondo alle mie attività. La passione per la fotografia arrivò con enorme naturalezza a metà degli anni ottanta. Una passione concretizzatesi in professione agli inizi degli anni 90. In quell'età formativa - personale e professionale ebbi la fortuna di incontrare quattro grandi personalità del mondo culturale Siciliano e non solo: Diego Mormorio, Ferdinando Scianna, Giuseppe Maimone, Giuseppe Lazzaro Danzuso. Per motivi diversi questi professionisti hanno segnato fortemente i miei primi passi in fotografia oltre che nella mia vita.

Angelo Zzaven: Hai detto che sei diventato professionista agli inizi degli anni “90, ma che cosa ha orientato il tuo lavoro verso quel settore specifico della fotografia?

Alfio Garozzo: Mio padre non ha conosciuto il mio lavoro di fotografo, non ne ha avuto il tempo: lui, però, mi ha lasciato splendidi e formativi insegnamenti: le letture di Panorama ed Epoca anni 70/80, un rigore morale, piacere e dedizione per il lavoro, un approccio serio alla vita. Sin dai primi passi mi sono proiettato con sfida nel mercato dell’editoria turistica. Ho puntato da subito al raggiungimento di obiettivi “alti”. Una missione che non contemplava la stanzialità rappresentata, in quel periodo, dalla bottega o dai servizi matrimoniali.

Alfio Garozzo

Angelo Zzaven: Già da tempo sei un professionista affermato nell'ambito dell'editoria turistica, ma qual è stata la prima committenza seria che ti ha fatto capire che questo sarebbe diventato il tuo lavoro a tempo pieno?

Alfio Garozzo: La prima importante committenza finalizzata alla realizzazione di un libro arrivò dalla Sanfilippo Editore di Catania. Era il 1993 e nell’estate di quell’anno mi traferii 20 giorni in provincia di Trapani per il lavoro fotografico che poi, nel dicembre dello stesso anno, diede corpo al volume Marsallah. Questo libro fu il mio primo della collana Continente Sicilia. A seguire ne furono realizzati, uno ogni anno, altri sette. Mi preme, comunque, precisare che la prima committenza che rappresentò la svolta nella mia attività di fotografo di viaggi (termine generico che vuol dire tutto e niente) arrivò da Edizioni White Star - Vercelli. Nel marzo del 1996, dopo aver fatto visionare dei lavori realizzati nell’arcipelago eoliano, mi fu chiesta la disponibilità per realizzare un reportage in Marocco per un libro della collana Grandangolo. Tempi di realizzazione un mese, consegna immediata, pellicola Velvia - 350 rulli, budget quasi illimitato. Una produzione in grande stile dove l’organizzazione della logistica, l’itinerario da seguire, quando come e dove andare mi erano affidati totalmente. Questo fu il primo episodio di tanti altri a seguire.

Angelo Zzaven: Oggi, in un quadro generale di sofferenza per l'editoria turistica, aggravata dal disastroso periodo pandemico, come reagisce il tuo settore? Hai avuto la possibilità di diversificare il tuo lavoro?

Alfio Garozzo: Il quadro generale dell’Editoria Turistica Italiana è depresso. Rimangono in attività poche redazioni in un regime di quasi monopolio rappresentato da gruppo Cairo RCS. Altri Editori esistono e resistono. Rappresentano, però e purtroppo, quella fascia di committenza altisonante e povera per scelta, che non garantisce ai collaboratori compensi e regole d’ingaggio dignitosi. Per il mercato straniero non mi è dato sapere. In questo quadro generale mi sono ritagliato negli anni uno spazio molto vitale legato alla foto per hotel, ospitalità ed interior. Quest’ultima voce ricade nel perimetro delle mie grandi passioni. Posso dichiarare che sono molto soddisfatto dei risultati fin qui raggiunti. Ho un parco clienti molto qualificato e di riferimento per la categoria alberghiera.

Alfio Garozzo

Angelo Zzaven: Hai viaggiato per il mondo in lungo e largo, in pratica, viaggiare per te è diventato sinonimo di lavoro, ma quali altre implicazioni ha avuto nella tua vita? Che cos'è per te il viaggio?

Alfio Garozzo: Farei un distinguo fra viaggio di lavoro e viaggio personale. Ho viaggiato tanto è vero e per lavoro sempre su commissione. Amo, comunque, viaggiare e quindi, ora che i confini geografici del lavoro si sono ristretti, dedico maggiore attenzione ai viaggi personali. Amo l’on the road, il fai da me, l’improvvisazione. Non amo le prenotazioni - solo il volo è sufficiente. Certo mi riferisco a destinazioni dove questa pratica si può applicare. Il nostro mondo occidentale è "facile e viaggiatile”. Il viaggio è espressione profonda del proprio modo di essere.

Angelo Zzaven: Hai detto che una delle tue passioni è l'interior design, sappiamo quanto sia importante la luce in questo tipo di ripresa. Per ottenere le tue immagini quali luci utilizzi? Inserisci fonti di luci supplementari per esigenze legate alla fotografia?

Alfio Garozzo: Ho sempre amato la luce mista. Le luci supplementari/flash sono parte integrante del mio corredo fotografico. Amo usarle con discrezione, schiarire e illuminare quanto basta per ricreare una luce estetica e mai invasiva. La luce naturale è il mio registro di riferimento. Ricostruirla è una sfida molto stimolante. Amo il controluce in tutte le sue forme ed utilizzo luci supplementari anche in questa situazione di ripresa, naturalmente quando serve.

Angelo Zzaven: Hai cercato e fotografato il “bello” nei posti più lontani e sperduti del mondo, lo hai fatto con spirito curioso e originale. Che cos'è per te la bellezza?

Alfio Garozzo: Il bello dello bellezza è che mi viene difficile circoscrivere cosa è bellezza e cosa non lo è. La mia idea sulla bellezza è legata a quanta percentuale di sensorialità, in senso largo, viene ad essere coinvolta ogni qualvolta mi trovo in una situazione dove nasce, più o meno spontanea, la domanda sul bello. La bellezza per me ha valore soggettivo proprio perché è soggettivo lo stadio emotivo che accompagna una analisi delle realtà vissute, visive e non. Bellezza è subire immaginazione, divagazione, esplorazione sensoriale, seduzione…di sensi per i sensi. La bellezza ha quasi poco di materiale e visibile. Ho avuto la fortuna di poter vivere numerosi momenti di bellezza e posso affermare che tanti di essi me li sono trovati sotto casa. Ecco mi sento di affermare ancora che bellezza è lo stupore per l’avvicinamento dell’io verso l’infinito.

Alfio Garozzo

Angelo Zzaven: Hai scritto: “varcare le soglie de Les Bains des Docks di Le Havre è stato per me come accedere a una dimensione altra, splendidamente scandita da un suggestivo dispiegarsi di linee, riflessi e trasparenze...” Visto che le immagini che accompagnano questa intervista fanno parte di questo lavoro, mi parli del tuo coinvolgimento in termini lavorativi ed emozionali?

Alfio Garozzo: In ambito strettamente professionale il coinvolgimento è necessario e non sempre si attiva - ahimè. Dipende dalle situazioni, dai soggetti, da quanto il progetto mi coinvolge. Parlo di progetto perché, in definitiva, avendo sposato la politica del lavoro su commissione c’è sempre da svolgere un ruolo definito su richiesta specifica. È una grande responsabilità verso la committenza, verso il lavoro che mi accingo a svolgere, verso l’integrità della mia reputazione, verso il prodotto finale che include l’interlocutore diretto qualsiasi esso sia il soggetto. Ho visitato e fotografato Les Bains des Docks di Le Havre in una delle tappe di un reportage in Normandia - una settimana itinerante in quella regione Francese per conto di una rivista di Turismo. Dopo tanti paesaggi naturali e urbani arrivò il momento di entrare in questa affascinante realizzazione. Inizialmente, in quel luogo, mi stupirono due cose: 1) una struttura pubblica progettata da Jean Nouvel, 2) una struttura pubblica progettata da un architetto importante e messa a disposizione della comunità con una fruizione libera e regolamentata. Da subito l’aspetto socio antropologico, ricordo, prevalse su considerazioni di altro tipo. Il luogo mi affascinò perché: estetico, luminoso, armonioso, trasparente, naturale e fruibile. Io ero la a godere quella bellezza creata per la comunità da un artista dell’architettura. Una architettura “utile” al corpo ed allo spirito. Un luogo fisico e metafisico, insieme. Il coinvolgimento è strettamente legato alla voglia che si ha di amplificare l’aspetto sensoriale nel corso della propria attività. È un positivo circolo vizioso, una girandola di rimandi da un senso all’altro. È come nel concetto di bellezza (l'ho già espresso): tanto più i sensi vengono coinvolti tanto più ci si avvicina alla propria emozione per il bello. Posso affermare che l’attività di fotografo sempre ed ancora mi emoziona.

Angelo Zzaven: La tecnologia digitale, gli smartphone hanno reso semplicissimo realizzare quantità enormi di fotografie, cosa pensi di questa colossale quantità di informazioni visive che ci arrivano addosso?

Alfio Garozzo: Penso che la quantità di immagini di cui oggi possiamo fruire, è spropositata, esagerata. Un accesso facile alla produzione e la enorme produzione di rappresentazioni può diluire nel nulla l’interesse per la rappresentazione stessa. È un problema che coinvolge, in generale, il mondo della fotografia.

Alfio Garozzo

Angelo Zzaven: Che cosa consiglieresti a un giovane che vuole fare il tuo lavoro, pensi ci siano ancora possibilità in questo campo?

Alfio Garozzo: Riuscire a disegnare un proprio progetto professionale partendo da basi solide e mature. Le basi solide - alcune - possono essere le seguenti: pensare costantemente che quanto realizzato non è un punto di arrivo ma di partenza; avere una idea ben chiara sul proprio progetto professionale; approcciarvisi con modestia, senso di responsabilità e di ascolto; maturare consapevolezza che il mondo - in generale - può fare a meno di noi, ma che il mondo - in generale - ci è tanto necessario e può essere terreno di conoscenza e di conquista. I tempi odierni sono complessi, la professione di fotografo è molto inflazionata ma non è inflazionata la sfera professionale molto qualificata. Chi vuole affrontare questa attività, come qualsiasi attività caratterizzata da forte specializzazione, deve saper puntare in alto, anzi quanto più in alto possibile, senza mai peccare di presunzione, naturalmente. Serve sperimentare, studiare tanto senza necessariamente frequentare corsi di fotografia. Sperimentare significa mettersi a disposizione del proprio progetto, svilupparlo, organizzarlo, analizzarlo, proporlo. Fondamentale rimane riuscire a individuare platee a cui il nostro progetto e la nostra professionalità può essere destinata. Per arrivare a ciò tutti i punti fin qui elencati sono fondamentali. Quindi, per concludere, la cosa più importante è chiedersi: ho la stoffa, la tenacia, la perseveranza, lo spirito di sacrificio, la capacità di ascolto, la pazienza, la passione, la capacità di gioco, la capacità di saper ben interpretare le delusioni…etc per arrivare lontano? E saperci pure vivere..non sopravvivere.

Angelo Zzaven: In quanto a tenacia, spirito di adattamento, sacrificio e passione, le sento come tue prerogative, ma riesci ancora a giocare a divertirti?

Alfio Garozzo: Sai Angelo, mi piace ancora credere che il lavoro possa essere terreno di piacere e divertimento. Però devo ammettere che nella realtà professionale odierna non sempre mi muovo con piacere e divertimento. Una cosa è certa: quando l’alchimia funziona e spesso funziona nessuna cosa riesce a spezzare o rallentare l’istinto che porta a creare e a realizzare con piacevole divertimento.

Voglio però fare una precisazione con premessa. Piacere e divertimento sono ingredienti della felicità: questo lavoro mi ha fatto disperare poco e mi ha reso abbastanza felice ed affrancato.

Guardando all’oggi, ma proprio all’oggi, ho la consapevolezza che alcune prospettive non esistono più e sono state sostituite da altre: mancano all’appello spensieratezza ed incoscienza. Il libro dell’esperienza è sempre più ricco. I primi fogli di questo “volume" sono quasi sbiaditi. In quei pensieri si possono ancora leggere, ma solo leggere, candide riflessioni. Ecco manca il candore dei primi passi, manca l’ingenuità. Per fortuna? Non so.

Alfio Garozzo

Angelo Zzaven: Alfio, siamo giunti alla fine della nostra chiacchierata, ti ringrazio per la disponibilità e la pazienza. Per ultimo ti chiedo di rispondermi a una domanda che non ti ho fatto.

Alfio Garozzo: Una domanda che non mi hai fatto? Mi vorresti chiedere come trascorro il mio tempo libero? Ecco, te ne voglio parlare. Amo non far niente, oziare. Non far niente suona malissimo, e quindi preciso che non far niente è liberarmi dal peso della quotidianità, qualsiasi quotidianità, anche professionale. E’ in questa condizione ideale che il rapporto con la fotografia diventa libero e fatto di puro piacere. Da qualche anno ho iniziato delle ricerche fotografiche come espressione di una parte del mio tempo libero. Negli anni ho collezionato tanti tasselli per qualche futuro mosaico. Mi piace pensare che prima o poi ciò che avrò creato potrà diventare qualcosa di finito. Penso ad un libro, un libro di appunti di riflessioni di visioni, un libro che parli di me del mio lavoro e del mio tempo libero.

Grazie Angelo per avermi dato l’opportunità di parlare di me, del mio lavoro e di tanto altro. Ti ringrazio ancora per avere tanto pazientato di fronte ai miei lunghi silenzi.

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