WILLY VECCHIATO

 "il nero nelle mie fotografie incarna quello che la Stanza 101 rappresenta in “1984” di George Orwell... Con questo fine, continuo a scattare esplorando ancora più in profondità il lato oscuro della natura e della materia”

 


Angelo Zzaven: Willy, Cosa fai nella vita? Come nasci fotograficamente? Che cosa ti ha spinto a operare nel mondo delle immagini?

Willy Vecchiato: Più che di “quello che faccio” preferirei parlarti di “quello che mi piace fare”, se sei d’accordo, perché è con i miei interessi e le mie passioni che veramente mi identifico. I viaggi, innanzitutto. Mi piace moltissimo viaggiare, infatti quando ne ho la possibilità mi muovo sempre alla scoperta di nuovi territori, scenari e situazioni, vicini o lontani in base al tempo che ho a disposizione.
Adoro leggere, anche la letteratura rappresenta in una certa misura una forma di viaggio per me, soprattutto la fantascienza e il fantastico, e poi mi piacciono la musica, l’arte e il cinema che sin dall’adolescenza è il mio grande amore.
Ed è proprio dal cinema che è scaturita quella passione per le immagini che poi mi ha spinto verso la fotografia, un campo dove ad un certo punto ho sentito di desiderare un ruolo più attivo di quello di semplice spettatore.
La fotografia rappresenta pertanto un punto di convergenza di molte passioni ed è al contempo una sperimentazione continua alla ricerca della mia voce.

Angelo Zzaven: Quali sono le pellicole cinematografiche che maggiormente hanno influito sulla tua formazione? I libri letti in giovane età sono di solito quelli più importanti, ce n'è uno o più di uno che ricordi particolarmente? Qual è l'ultimo libro che hai letto, che ti ha sorpreso?

Willy Vecchiato: Sono davvero tanti i registi e i film, spesso anche minori e imperfetti, che hanno contribuito a formare il mio bagaglio visivo. In giovane età, sono stato a lungo affascinato dal cinema di Dario Argento, visionario coreografo della morte. In un’età più matura, un regista che ha influito enormemente sulla mia formazione è stato, ed è tuttora, David Cronenberg con il suo cinema della 'mutazione'. Tra gli altri, non posso non citare Shinya Tsukamoto e David Lynch.
Per quanto riguarda la lettura, imbattermi in H.P. Lovecraft, cantore dell’indicibile orrore cosmico, quand’ero un ragazzino ha segnato in profondità il mio immaginario: i suoi scritti sono tutt'ora grande fonte di ispirazione per me.
Tra gli ultimi romanzi che ho letto, mi ha colpito Cosmo di Witold Gombrowicz, che l’autore stesso definiva “..un romanzo sulla realtà che crea se stessa” aggiungendo poi “E poiché un romanzo giallo è esattamente il tentativo di trovare un senso al caos, di organizzarlo, ho usato la forma della detective story”.
Il tentativo di trovare un senso al caos è la perfetta sintesi di quello che cerco di fare con la fotografia.


Willy Vecchiato

Angelo Zzaven: Mi sembra che tu ci riesca bene, o quantomeno riesci a dare ordine e a fare emergere dal caos materico, affascinanti figure luminescenti. Sono molto preso da queste immagini magiche, misteriose, primordiali che galleggiano nel nero più profondo. Mi piacerebbe conoscere come hai sviluppato quest'idea? Le fasi mentali che ti hanno portato alla loro creazione?

Willy Vecchiato: Il mio modo di fotografare è "istintivo", viscerale, focalizzato su ciò che dal profondo mi attrae, inquieta e repelle al tempo stesso.
Mi capita spesso di affrontare delle ossessioni che si ripetono e che hanno un forte tema in comune.
Cerco attraverso la fotografia di far apparire le cose ordinarie, le cose che abbiamo sempre sotto gli occhi, in una veste diversa, una veste "aliena".

Angelo Zzaven: Si può dire una veste cinematografica, teatrale, interpretativa, affinché questa normalità ossessiva arrivi con tutta la sua potenza all'osservatore? Cerchi o trovi le tue immagini?

Willy Vecchiato: L’influenza del cinema svolge sicuramente un ruolo molto importante nella genesi delle mie fotografie, così come l’arte che da sempre mi ha ispirato - H.R. Giger e Francis Bacon, fra tutti.
Mi è piuttosto difficile distinguere tra “cercare” e “trovare” le mie immagini. Penso che si tratti piuttosto di una concomitanza: il mio inconscio mi fa soffermare dinnanzi a dei soggetti che in parte già rientravano nella mia ricerca artistica.

Willy Vecchiato

Angelo Zzaven: Facendo un giro sul tuo sito, tra i tuoi progetti, ho visto che fino ad oggi hai sempre lavorato in BN, il colore è troppo “realistico”? Offre meno possibilità di interpretazione?

Willy Vecchiato: Il bianco e nero ha la capacità di trasportarti in un mondo diverso, parallelo, e non concede distrazioni. Il mio bianco e nero è “assoluto e per nulla rassicurante… raschia la realtà” per dirlo con le parole di Steve Bisson, editore del mio libro “Lanzarote”.

Angelo Zzaven: A proposito di “Lanzarote” come nasce e si concretizza il tuo interessante progetto, finalizzato dall'originale photobook con testo di Vasco Ascolini?

Willy Vecchiato: Lanzarote è il risultato di un percorso spontaneo che mi ha portato negli ultimi anni a dare forma sempre più concreta ai miei lavori. In questa epoca del digitale, penso sia davvero importante stampare e lasciare una traccia storica del nostro passaggio.
Con l’editore abbiamo deciso di tentare un nuovo format, al di fuori del concetto tradizionale di “libro di fotografia”. È nato con questo spirito Lanzarote, quasi un “quaderno” di memoria ottocentesca, un taccuino che oltre alle fotografie raccogliesse altre impressioni, altre idee con cui le foto potessero dialogare, svincolato dall’archetipo cristallizzato che tiene separata una forma espressiva dall’altra (in particolar modo la fotografia). Con quest'idea, sono stati inclusi nel progetto alcuni linocuts di Antoine Séguin, architetto, illustratore e fotografo francese. All’interno del libro, le mie fotografie e le sue linoleografie dialogano, si riecheggiano e si compensano sia per rimandi tematici sia per approcci così vicini eppur così lontani al tema del vulcano.
Anche per quanto riguarda l’impaginazione del libro, abbiamo voluto ricercare una nuova forma di corrispondenza tra veste grafica e contenuto: la copertina è di un grigio materico con titolo inciso a caldo, i cui caratteri sono ispirati a delle iscrizioni rupestri ritrovate sull’isola e riprendono un motivo petroglifo inciso sulla roccia, così come le forme della Dea Madre sul retro di copertina rimandano a quelle stilizzate di un vulcano.
Sfogliando il libro, il lettore compie quasi un viaggio al centro della terra, che è un viaggio in profondità del libro stesso attraverso diversi linguaggi (la fotografia, la grafica, le linoleografie…), al cui cuore trova un testo di Vasco Ascolini.
Avere un testo scritto dal celebre fotografo sul mio lavoro e poterlo includere come parte integrante del libro è stato un onore e una grande emozione. Mi sorprende quante affinità ci siano nel modo in cui fotografiamo e in alcuni temi che trattiamo, nelle nostre “ossessioni” comuni diciamo. Ancor più mi sorprende che questi nostri percorsi paralleli non si siano incrociati che solo di recente.
Specificatamente ispirato alle fotografie, lo scritto offre una riflessione sul vuoto e il nero, come fonte di creatività e origine dell’immaginazione, con preziosi aforismi sul nero nati dalla sua collaborazione con il Centre des monuments nationaux di Parigi.


Willy Vecchiato

Angelo Zzaven: Interessante questa affinità sul “nero” tra il maestro Ascolini e te. Stai lavorando su altri progetti? C'è un lavoro che ti piacerebbe realizzare in futuro?

Willy Vecchiato: Il nero nelle mie fotografie incarna quello che la Stanza 101 rappresenta in “1984” di George Orwell, o almeno questo è il mio intento.
Con questo fine, continuo a scattare esplorando ancora più in profondità il lato oscuro della natura e della materia anche nell’ambito dei miei nuovi progetti.

Angelo Zzaven: Ti ricordi qualche aneddoto legato al tuo fare fotografia che mi vuoi raccontare?

Willy Vecchiato: Di recente, durante una discesa in una grotta carsica non illuminata artificialmente, la nostra torcia si è spenta e per qualche secondo siamo rimasti al buio, nel silenzio assoluto della terra. Un tempo di fatto molto breve (durante il quale non mi è stato possibile vedere né ovviamente fotografare nulla) che però nell’oscurità si è dilatato enormemente. Quando infine abbiamo ripristinato la luce della torcia e ho poi ricominciato a scattare, ho avuto come la sensazione che quel buio primigenio continuasse come una presenza indecifrabile nelle immagini che mi si presentavano davanti all’obiettivo.

Willy Vecchiato

Angelo Zzaven: Riesci a immaginare come sarai tra dieci anni e come sarà il mondo della fotografia?

Willy Vecchiato: Difficile immaginarmi da qui a dieci anni. In ambito strettamente fotografico, mi aspetto che si affermi sempre più un processo simile a quello che ha caratterizzato la musica, che è evoluta dall’analogico vinile, caldo e graffiante ma non privo di difetti, alla perfezione gelida e digitale del CD per poi passare al supertecnologico formato MP3 e finire in Spotify. E ora sta tornando in auge con prepotenza il vinile.

Angelo Zzaven: Willy ti faccio l'ultima domanda, prima però ti voglio ringraziare per la tua gentilezza e disponibilità. In realtà vorrei che rispondessi a una domanda che non ti ho fatto.

Willy Vecchiato: Ho parlato di cinema, arte e letteratura come influenze che hanno contribuito a formare la mia “visione” fotografica. Vorrei terminare citando la musica che da sempre è fondamentale per l’ultimo passo nella creazione finale delle mie fotografie. Adoro anche nella musica perdermi nell’oscurità e farmi traghettare in luoghi “altri”. György Ligeti, Krzysztof Penderecki per quanto riguarda la musica classica, Murcof per quanto riguarda la musica elettronica contemporanea, senza dimenticare i mitici Goblin - fondamentali per la resa dei film di Argento - e tante colonne sonore, come il soundscape di Eraserhead.

 
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